Gli aiuti americani per la ricostruzione del dopo terremoto non sono gratuiti: sfruttamento delle risorse minerarie, ricerca di petrolio, acquisizione di terreni da parte di multinazionali, accordi commerciali per vendere riso americano e abbandonare le produzioni locali. E per ora gli haitiani sono costretti a subire in silenzio.
Nel 1492 Cristoforo Colombo sbarcò su Hispaniola per volere della Corona spagnola. La potenza della Spagna e della sua potente Marina sottoscrisse il piano omicida per sfruttare le ricchezze di Hispaniola. Citando una dichiarazione di Las Casas, un contemporaneo di Colombo a Hispaniola nel 1508, Howard Zinn scrisse nel suo famoso libro, “A People’s History of the United States”: “C’erano 60.000 persone che vivevano su questa isola, tra cui gli indiani,ma dal 1494 al 1508, più di tre milioni di persone sono morte a causa della guerra, della schiavitù e delle miniere. Chi nelle generazioni future ci crederà“.
POVERTA’ E GEOPOLITICA - Così scrive Pascal Robert, un blogger indipendente sulle pagine dell’ H. P. Oggi nessuna di queste dimostrazioni di forza imperiale è necessaria per avere la parte francese di Hispaniola nuovamente violentata dalle potenze occidentali per le sue ricchezze. Dopo il disastro colossale del 12 gennaio 2010, un terremoto che si stima abbia ucciso oltre 200.000 haitiani, il governo di Haiti, invece di impostare piani di sviluppo per dare un minimo di dignità al suo popolo che ora vive in tendopoli sparse in tutto il paese, ha deciso di comportarsi come il servo delle Corporates occidentali e della tradizionale e parassitaria “elite commerciale”, facilitando la svendita di tutte le attività haitiane e delle risorse naturali come petrolio, oro, terreni agricoli. Ad una prima lettura di questa affermazione si potrebbe restare basiti visto che Haiti è sempre stata considerata dall’ America e dall’Europa come “il paese più povero dell’emisfero occidentale”. Abbastanza ironicamente, recenti scoperte hanno dimostrato invece, che la povertà, anche in un paese con una lugubre qualità di vita, è uno stato relativo quando si tratta di geopolitica.
C’E’ PETROLIO AD HAITI - Le speculazioni in merito alle risorse fisiche di cui sopra devono cessare. L’attuale primo ministro di Haiti, Jean Max Bellerive ha già ammesso pubblicamente che non c’è solo petrolio, oro, iridio ad Haiti e che i contratti con alcuni “soggetti riservati” sono già stati realizzati per lo sfruttamento di tali risorse naturali. In una conferenza sulla diaspora haitiana, tenutasi a Montreal nel marzo scorso, dove si discuteva sulla ricostruzione di Haiti, Bellerive aveva affermato:
1 – C’è petrolio ad Haiti.
2 – I contratti in materia di sfruttamento del petrolio in Haiti e delle raffinerie di petrolio sono attualmente in corso.
3 – Bellerive ha dichiarato di essere venuto a conoscenza di documentazione sulla presenza di Iridio ad Haiti.
4 – I contratti sono già stati firmati e sono in corso lavori per lo sfruttamento dell’oro ad Haiti. 10 milioni di dollari sono stati investiti dal Tribunale di primo grado (il settore privato della Banca mondiale) nel rapporto con il FMI per un progetto del valore di miliardi di dollari.
La svendita dei beni e delle risorse haitiane non si ferma qui. Anche il lavoro, lo sfruttamento, le torture cui hanno dovuto sottostare gli haitiani, facilitate dal passaggio di quel “Manna from the U.S. Congress” chiamato Haiti Hope Act, che ha liberalizzato le restrizioni al commercio di capi di abbigliamento fabbricati in Haiti per arricchire ulteriormente le “élite commerciali” parassitarie garantendo quei 4 dollari al giorno di stipendio che non consentivano ai dipendenti nemmeno di acquistare un pranzo senza dover contrarre mutui, sarà dilagato grazie ad un altro “atto di gentilezza” del Congresso USA. Riportava la Reuters: ” Il Top dei legislatori degli Stati Uniti ha raggiunto un accordo bipartisan per aiutare Haiti a ricostruire la propria economia distrutta dal terremoto, aprendo il mercato degli Stati Uniti all’abbigliamento e al tessile haitiano“. L’affare sarebbe quasi triplo “l’ammontare di alcune maglie e tessuti di capi di abbigliamento che sono qualificati per il trattamento duty-free negli Stati Uniti”.
RISO AMERICANO E COCA COLA MANGO - Se ne è discusso a lungo sulle modalità dell’incremento di fabbriche di abbigliamento in Haiti, ma senza il miglioramento delle pratiche di lavoro e dei salari continueranno ad avere il popolo haitiano impantanato in un ciclo di povertà al ribasso, mentre i soliti pochi continueranno ad arricchirsi sul sudore dalla povera gente. Invece di concentrarsi sulla massimizzazione della produzione indigena di Haiti e alimentare lo sviluppo agricolo, chi avrebbe dovuto salvare gli haitiani dalla diabolica politica di Bill Clinton, costringeva la popolazione haitiana a comprare riso americano, mentre riduceva la produzione interna. Come se non bastasse, Bill Clinton ha invitato la Coca-Cola a concludere un accordo per l’acquisizione di ettari di terra ad Haiti per produrre un nuovo prodotto: “La Coca-Cola Company ha annunciato la creazione della Speranza Haiti Project, che riunisce una coalizione di imprese, governi e partner della società civile per creare opportunità per 25.000 produttori haitiani di mango e per le loro famiglie promuovendo lo sviluppo di un’industria sostenibile di succo di mango nel paese“.
COME CARNE TAGLIATA E VENDUTA - Così, mentre gli haitiani potrebbero ancora essere costretti ad acquistare con sovrapprezzo riso Uncle Ben’s dagli Stati Uniti, invece dei propri marchi nazionali, semplicemente perché non si prevede di sviluppare ed espandere il settore agricolo di Haiti su larga scala, associato ad una mancanza di iniziative che permetterebbero di sviluppare prodotti commercialmente redditizi e competitivi, gli haitiani dovranno ora bere Coca Cola’s Mango Juice insieme con gli sporchi panini che devono mangiare quando i tempi diventano duri, e esiste una scarsità di cibo causata tra le altre cose dalle politiche di Clinton. Quindi, ora sappiamo che è vero, Haiti non è in fase di ricostruzione: Haiti è in vendita. Purtroppo, l’anima e la coscienza degli haitiani complici di questa farsa è, ovviamente, già sul blocchetto d’ asta del miglior offerente. Per quanto tempo resteranno in silenzio gli altri a guardare la loro patria che viene tagliata e venduta in alcune zone come un mercante che vende carne per le strade di Port Au Prince?
