Avevo deciso di tirarmi fuori dal commento dell’ accaduto aquilano. Lo avevo fatto perché, di fronte a una situazione come quella che tutt’ ora viviamo in città, ritenevo inutile descrivere e commentare in modo non costruttivo: se c’è una cosa che a L’ Aquila non manca è una folta schiera di commentatori. Mancano il centro, manca tanto di quello che la città era, manca il lavoro, etc., ma i commentatori, quelli no, non mancano mai. Ero convinto della scelta fatta, come ora sento di dover dire qualcosa. La necessità nasce dall’ ennesimo gruppo (facebook) nato contro, precisamente: “io sono contro Draquila”. Premettendo di non voler dare un giudizio in merito, mi limito a constatare che dal sei aprile ad oggi proliferano gli schieramenti di chi, semplicemente, si schiera contro, e naturalmente anche a favore, di una cosa, di una persona, di un fatto. E si moltiplicano naturalmente anche liti e discussioni tra le diverse posizioni in campo: posizioni che non hanno nulla di costruttivo ma che si limitano a dividere la città e i cittadini. C’è chi non riconosce l’ operato della protezione civile, chi invece ragiona sulla figura del presidente del consiglio più che sull’ operato del governo, chi sta con le carriole e chi invece “si dissocia”, chi ama il film della Guzzanti e chi invece gli è contro.
Ed ecco che dalle tante discussioni che si fanno è scomparso l’ argomento più importante: il nostro futuro ha lasciato spazio ai personalismi, alla necessità di protestare e a volte di contestare la protesta stessa. Argomenti come lo sviluppo del territorio, la strategia occupazionale, l’ Università, il ripensamento dell’ intera provincia e della regione, la gestione ben mirata, e non clientelare, delle risorse sono solo ombre che riflettono l’ immagine di un dibattito spesso inutile e lontano dal cuore dei problemi.
Ripensare il territorio distrutto dal sisma vuol dire credere di poterlo inserire nel tessuto sociale di un’ intera provincia e di un’ intera regione. Pensare lo sviluppo economico significa scegliere i settori strategici su cui investire; sceglierli in funzione di una strategia che guarda a una comunità più complessa di una città, che non si limita a guardare al presente, ma che sappia reggere il peso del tempo e dell’ andamento del mondo.
Non volendo prolungare oltre il discorso, ritengo che si dovrebbe discutere di altro:
1. INFRASTRUTTURE: come collegare la città alla provincia, la provincia alla regione, e la regione ai territori strategici;
2. SVILUPPO: che sia non solo economico ma che guardi alla vivibilità di un territorio;
3. UNIVERSITA’: non solo per risolvere il problema della residenzialità studentesca, ma anche per delineare il ruolo guida dell’ ateneo nella ricerca, e nella formazione delle risorse umane del territorio; un’ ateneo che sia in grado di rispondere alle richieste del territorio e un territorio che possa puntare sull’ ateneo per le proprie necessità. Voglio citare le parole che un giornalista di Repubblica aveva scritto pochi giorni dopo il terremoto: “L’ economia italiana ha grande bisogno di cervelli, di innovazioni e di scienziati, per uscire dalla crisi come pure per risalire dal trend di stagnazione economica dell’ ultimo decennio”;
4. GESTIONE DELLE RISORSE: che sia mirata, funzionale alla strategia dello sviluppo del territorio, e non clientelare.
5. MISURE PER LE GIOVANI GENERAZIONI: un territorio non riparte se non è in grado di garantire alle giovani generazioni la speranza di poter realizzare il sogno della propria vita.
Se si discutesse di questo e ognuno di noi “facesse la sua parte e tutti facessimo squadra”, sarebbe più facile ripartire.
Gianluca Cervale

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