Non mollano i 90 lavoratori della Finemek solutions che, dopo cinque anni di cassa integrazione straordinaria, manifesteranno lunedì durante l’inaugurazione del call center 3 Italia per sollecitare i politici nazionali presenti. Obiettivo dei manifestanti è il sottosegretario Gianni Letta che nel 2003 fu garante degli accordi tra Flextronix e Finmek. Dopo il passaggio di consegne da Flextronix al gruppo Finmek gli operai riassorbiti furono 550, ma quelli che effettivamente rientrarono in fabbrica furono 200. Nel 2004 la produzione fu interrotta si commissariò la fabbrica e i 550 operai finirono in cassa integrazione straordinaria. Ora per gran parte dei lavoratori è scattata la mobilità lunga che porterà alla pensione, ma i giovani operai chiedono il riconoscimento degli accordi pregressi appoggiati dai sindacati Fim, Fiom e Uilm.
Il polo elettronico aquilano nasce negli anni ’70 con il nome Italtel. L’azienda, a partecipazione statale, ha un organico di 30000 persone, 5000 delle quali sono aquilani. La produzione riguarda la realizzazione di centrali telefoniche elettromeccaniche la cui principale acquirente è la SIP. Negli anni ’80 c’è la svolta dell’elettronica e nasce il centro di ricerca e sviluppo de L’aquila; in questi anni la fabbrica comincia a investire sullo sviluppo di apparati per le telecomunicazioni fisse, ciò comporta una diminuzione dell’organico che si assesta sui 15000 dipendenti. Negli anni ’90 ITALTEL decide di unirsi con l’americana AT&T investendo sulla ricerca, ma è anche il periodo delle prime cessioni di sezioni dell’azienda: il servizio mensa fu rilevato dalla Pellegrini cantro sud, il settore difesa venduto alla MID-Marconi, il settore manutenzione ceduto alla Policarbo. Intanto il numero degli operai scende a 2200. Nel 1996 l’Italtel presenta un piano di ristrutturazione e entra in società con la tedesca Siemens che acquisisce il 50% del pacchetto azionario. La collaborazione si rivela da subito poco fruttuosa visto che i due azionisti non operano in maniera univoca nella gestione aziendale, ciò portò alla perdita delle commesse della TELECOM principale acquirente della fabbrica. A questo punto la Siemens decide di spostare l’attività di lavorazione ad alto contenuto tecnologico a Monaco, attuando un nuovo piano di ristrutturazione con conseguenti tagli occupazionali, cassa integrazione e mobilità. La Lares-Tecno acquisisce la sezione tecno elettronica fallita nel 2000, i cui 220 lavoratoti vengono licenziati nel 2005. Terminato il processo di ristrutturazione nel 2000 le due società si separano e la Siemens rileva il 50% delle azioni dell’Italtel. Il nome della società sarà Siemens ICN, la prima azione è un nuovo piano di ristrutturazione che prevede: 240 operai in mobiltà , 1000 rilevati alla Flextronix International. Il 2004 vede il fallimento della Flextronix e la mobilità di 960 lavoratori. Subentra la Finmek riassumendo gli operai che lunedì manifesteranno. Intanto la Siemens costituisce una nuova società la CNX che realizza un mono prodotto altamente tecnologico, ma le disastrose strategie della Siemens portano al fallimento della produzione. Il laboratorio aquilano, messo totalmente in cassa integrazione, è osannato in tutta Europa per il lavoro estremamente raffinato che svolge, ma diviene detentore anche del triste primato del costo del lavoro più basso d’Europa. Nel 2005 la Siemens decide di voler vendere il pacchetto del laboratorio sancendo la fine del polo elettronico aquilano e mettendo in ginocchio altri 350 operai e ricercatori. Le decisioni della Siemens risultano immotivate visto che le commesse erano presenti e i costi di produzione stabili, certo è che le istituzioni sono state poco presenti condannando il territorio aquilano a una crisi economica che ormai lo attanaglia da circa 15 anni. Ora più che mai l’economia aquilana è ferma e continua a essere ferma visto che i politici non s’interessano a quelle che sono le rivendicazioni di lavoratori che da anni lottano per il loro diritto al lavoro.
Carosi Domenica
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