"Un disegno di legge che penalizza e vanifica il diritto di cronaca, impedendo a giornali e notiziari (new media inclusi) di dare notizie delle inchieste giudiziarie, comprese quelle che riguardano la grande criminalità, fino all'udienza preliminare, cioè per un periodo che in Italia va dai 3 ai 6 e, per alcuni casi, fino a 10 mesi." Questa è solo una piccola parte del documento firmato da tutti i direttori dei giornali, e pubblicato oggi da tutte le testate, con il quale inizia una lotta aperta contro il nuovo ddl sulle intercettazioni. Ezio Mauro di Repubblica, considera la legge "irrazionale e irragionevole". Come si può pensare di incolpare qualcuno di associazione mafiosa (reato che si sostanzia di reati contigui, estorsione, droga, racket) se investigatori e magistrati hanno solo 75 giorni di ascolti? Una legge che sembrerebbe colpire in modo duro una sola classe, quella dei giornalisti, tutelati dalla stessa Costituzione nella libertà di informazione, ma che in realtà tocca ogno cittadino: dall'operaio al magistrato, tutti. "La storia insegna", così dicono. L'Italia sembra aver dimenticato il controllo attuato tra il 1911 e formalizzato nel 1925 con la "legge sulla stampa". "Historia se repetit", come diceva Giambattista Vico: "l'uomo che è sempre uguale a se stesso, pur nel cambiamento delle situazioni e dei comportamenti storici".
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