La prima impressione che si ha dei Dline sul palco è quella di un gruppo molto affiatato, dotati di un frontman sfacciato e capace ed una band di uomini consapevoli del loro forte impatto scenico. Incontrandoli di persona mi sentivo un po’ come una ragazzina che va da delle superstar. Per quello sono rimasta sorpresa del fatto che erano quasi più emozionati loro di me, ragazzi normali pieni di passione, sanno di essere bravi ed inseguono il loro sogno con caparbietà e talento, ma non si considerano speciali. Anche se lo sono, ve lo assicuro. Lorenzo, Gaetano, Remo e Lorenzo sono i Dline, un gruppo che vede le sue radici nell’Aquila, ma che, con il tempo, ha subito cambiamenti nella composizione e che vede uniti due Aquilani, un Teramano ed un Chietino. Portano alta la bandiera della musica unendo ad un’enorme sensibilità musicale(ed umana, aggiungerei) uno strepitoso talento ed un affiatamento raro. Il loro cd “something in my town” uscirà a breve e sarà la colonna sonora del film”la città invisibile” di Giuseppe Tandoi.
Inizio con una domanda scontata, quanto fondamentale: Come vi siete incontrati? Lorenzo “ io e Remo (il batterista) suonavamo insieme in un gruppo hard rock, sai, capelloni rockettari, credevamo molto in quel progetto, ma poi la nostra strada ci ha portato in una direzione diversa e ci siamo buttati nel progetto Dline, con la formazione originale.”
Gaetano aggiunge “io ero andato a suonare con un amico che non rivedevo da tempo e lì ho incontrato Lorenzo che conoscevo già superficialmente, dato che a loro mancava un bassista, poiché quello originale era stato preso da un altro progetto ed io ero in un momento di “disoccupazione” ci siamo trovati, la loro musica mi ha coinvolto…ed eccomi qui!”
Chi scrive la musica e i testi? "Fondamentalmente tutti diamo il nostro apporto alla formazione delle canzoni, non siamo un gruppo a senso unico, non c’è una definizione dei ruoli. Ognuno, in momenti diversi della sua vita, ha avuto qualcosa da dire. All’interno del cd ci sono canzoni molto diverse tra loro da Birthplace, scritta in un momento di profonda introspezione del suo autore (Daniele, ex chitarrista) a Crazy Lullaby che è più rockeggiante, più tendente alla musica americana."
“N’americanata” suggerisce Gaetano suscitando l’ilarità del gruppo.
A questo punto il ghiaccio si è sciolto del tutto e l’intervista diventa un caffè tra amici, tra ragazzi che hanno voglia di raccontarsi. Da dove viene il nome del vostro gruppo? "Dline è il filo del destino, il filo conduttore che ci ha permesso di incontrarci e di legarci per affrontare al meglio questa sfida. Abbiamo incontrato molte difficoltà, stiamo facendo la gavetta, il gruppo ha subito varie mutazioni, ma il significato del nome resta, perché i cambiamenti fanno crescere la personalità e la musica."
E la scelta dell’inglese per le vostre canzoni? "L’inglese è più musicale e le nostre radici affondano nell’hard rock, abbiamo iniziato così, ma non escludiamo nulla, infatti ci sono dei progetti in italiano, ma è una sfida. Una sfida perché non può esserci nulla di scontato in un testo nella propria lingua madre, bisogna che i concetti, i sentimenti che stanno dietro ad una canzone siano personali e, allo stesso tempo, trasmettano delle sensazioni universali”
Quindi avete radici nel rock,ma cosa ne pensate del panorama musicale italiano attuale?“Oggi i gruppi devono fare la gavetta nei reality, tutto diventa show business e, spesso, a risentirne è la musica. In Abruzzo poi è difficile farsi sentire. A volte le serate le pagano in birra e la birra non entra nel portafogli”
Cosa rispondete a chi vi accusa di aver speculato sul terremoto? Insomma tra Birthplace e la copertina dell’album (una toccante immagine di una bambola tra le macerie) qualche dubbio può esserci. "Birthplace è stata scritta tre anni fa e quello di cui parla la canzone è la conseguenza di un particolare momento vissuto dal suo autore. Noi non abbiamo scritto nessuna canzone sul terremoto, anche se, essendo due di noi aquilani e tutti abruzzesi, la situazione ci ha coinvolto e ci coinvolge. La copertina dell’album non vuole essere una speculazione, né un richiamo al terremoto, ma un’immagine d’impatto. Abbiamo anche avuto qualche dubbio proprio che si potesse pensare questo, ma poi molti l’hanno vista e quasi nessuno ci ha visto malizia."
A quel punto la confidenza e la disponibilità dei ragazzi che ho di fronte mi permettono una domanda antipatica ma doverosa: cosa volete fare da grandi? “I MUSICISTI!!!”
“e anche il veterinario” aggiunge Lorenzo, con un sorriso. “La musica ti prende anima e corpo, a volte è quasi una necessità suonare. Se stai studiando e ti viene in mente un bel giro o delle belle parole, non puoi ignorarlo; questo incide su tutto il resto che sia studio o lavoro. E’ importante, infatti, avere dietro persone che ti appoggiano perché la nostra, lo sappiamo, è una strada tutta in salita. Siamo come dei precari, non ci sono certezze, ma tanta passione e voglia di far arrivare a tutti le emozioni che proviamo quando facciamo la nostra musica”
Poi l’intervista non è più stata tale, si è iniziato a parlare di sogni e progetti, di ambizioni e di musica in generale, sono stata anche interrogata, mi hanno chiesto quale canzone mi piacesse di più e cosa volessi fare io da grande! Insomma, un gruppo di ragazzi semplici con del talento vero e con una passione che contagia. Da scoprire ed apprezzare.
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