venerdì 7 maggio 2010

"Fatta l'Italia ma gli italiani?"

"Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sè e i suoi Successori il Titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861."
Questo quanto cita il documento della legge n.4671 del Regno di Sardegna e valgono come proclamazione ufficiale del Regno d'Italia, che fa seguito alla seduta del 14 marzo 1861 del parlamento. Oggi 5 maggio il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dallo scoglio di Quarto da cui mosse Garibaldi con i Mille, dà il via alla celebrazione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia nei luoghi della memoria storica. Quanto significato ha tale anniversario in un momento storico come quello che stiamo vivendo? Probabilmente nessuno. I nostri antenati, che hanno lottato per dare senso al termine Paese si "rivolterebbero di certo nella tomba" se potessero ascoltare le idee della nostra classe politica. Un confine invisibile divide la tanto desiderata Italia in due: come se culture diverse si trovassero costrette in un territorio troppo piccolo per ospitare entrambe. Da quasi un secolo e mezzo dalla tanto combattuta Unità non è mai stata più appropriata la nota citazione: "fatta l'Italia bisogna fare gli italiani". Un popolo dai mille volti, dalle mille storie, tradizioni e costumi che sembrano come piccoli tasselli di un grande puzzle in cui manca un unico pezzo, quello fondamentale: l'orgoglio nazionale! E' proprio a questo che ha fatto riferimento il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, le cui parole però suonano come "fuori dal coro" in un periodo in cui si rivendica il federalismo.

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