Fini: «Riforme anche non condivise. Giustizia, no ai pm sotto l'esecutivo»
Il presidente della Camera: sarebbe opportuna ma non è indispensabile l'intesa tra tutte le forze politiche
ROMA - «È opportuno ma non indispensabile che una riforma così importante come quella del sistema italiano sia condivisa da un numero il più ampio possibile delle forze politiche». Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, durante un incontro con gli studenti di un liceo romano. «Non si può dire "vergogna" se la maggioranza modifica da sola una parte della costituzione», ha aggiunto Fini riferendosi all'art. 138 della Carta». Tuttavia le riforme costituzionali che non ottengono subito il consenso di almeno i due terzi del Parlamento possono essere sottoposte a referendum confermativo. E «sulla base dell' esperienza passata - ha fatto notare Fini ricordando la riforma varata nella XIV legislatura e cassata in sede referendaria - c'è il rischio che il referendum imponga un prendere o lasciare, visto che questo strumento non prevede soluzioni parziali. Ove ciò accada si rischia di buttare all'aria tutto il buon lavoro fatto. Per questo bisogna cercare fino all'ultimo di coinvolgere il più possibile una maggioranza quanto più vasta».
«MODELLO TUTTO NOSTRO» - E quanto alla nuova archiettura istituzionale, il numero uno di Montecitorio ha spiegato che non necessariamente l'Italia deve ispirarsi ad un modello straniero, bensì potrebbe anche inventarne uno proprio. «Non so se il modello francese sia il migliore per il nostro Paese - ha evidenziato Fini dopo aver fatto un lungo escursus sui diversi modelli di presidenzialismo e semi-presidenzialismo in vigore negli Stati Uniti e in Francia -, potremmo anche dar vita a un sistema tutto italiano. Al di là delle scelte, dobbiamo stare attenti al principio che dobbiamo garantire, una democrazia risponde a due fattori, quello rappresentativo e quello governante».